Numerosi studi confermano il ruolo fondamentale di un’occupazione stabile per il reinserimento sociale degli ex-detenuti. Gli individui rilasciati dalle strutture carcerarie fanno ritorno in un contesto di mercato del lavoro caratterizzato da elevati tassi di disoccupazione giovanile. Per i giovani ristretti le probabilità di reinserimento sociale attraverso il lavoro, interrompendo il ciclo della recidiva, sono gravate da condizioni peculiari: percorsi di vita tortuosi; esperienze lavorative frammentarie e strumentali; allontanamento dalla scuola e rifiuto dell’apprendimento in contesti formali. Per questi soggetti trovare e conservare un’occupazione che costituisca un’alternativa all’illegalità può risultare impossibile senza un supporto esterno. A tal proposito, è stato sperimentato un percorso formativo, ispirato al modello dell’apprendistato, in cui coesistono momenti di formazione formale, finalizzati alla costruzione dell’identità lavorativa, e momenti di apprendimento on-the-job. Il processo ruota intorno alla figura dell’artigiano. Il percorso inizia dentro il carcere, attraverso un’attività produttiva su commessa collegata a entità imprenditoriali esterne e prosegue fuori, al fine di completare la professionalizzazione dei giovani ristretti, ispirandosi alle esperienze maturate in Belgio (Entreprise de Formation par le Travail) e USA (Transitional Job Programs). Il progetto prevede lo sviluppo di attività artigianali che permettano ai giovani detenuti di imparare un lavoro (mestiere) sia dentro il carcere ma soprattutto fuori. Sono Botteghe dove al centro c’è il rapporto tra l’artigiano (il maestro) e l’allievo; questo va oltre una dinamica lavorativa e diventa un vero e proprio rapporto educativo. Le botteghe opereranno nei settori: 1) manutenzione del verde e dell’arredo urbano (panchine, cestini, fioriere), attrezzature per parchi naturali; 2) produzione artigianale di pane, pasta fresca e prodotti di pasticceria; 3) produzione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli biologici.
Le azioni finalizzate alla riduzione della recidiva offrono le migliori opportunità di coniugare gli obiettivi di riduzione della criminalità con quelli di contenimento dei costi, in termini sia economici sia sociali. Il progetto si propone di generare opportunità lavorative concrete per i giovani ristretti favorendone il cambiamento e consentendone il reinserimento sociale in un contesto di legalità. Ciò significa non solo contribuire a un miglioramento della sicurezza, ma soprattutto trasformare un costo sociale in una risorsa in grado di partecipare allo sviluppo economico e sociale del paese. Il progetto rappresenta un prototipo replicabile su scala più ampia. Al fine di aumentare il numero di giovani coinvolti (in particolare i giovani dell’area penale esterna seguiti dall’Ufficio di Servizi Sociali dei Minori con provvedimento di sospensione del processo e messa alla prova), salvaguardando i ritorni sociali e l’equilibrio economico dell’iniziativa, si potrà procedere attraverso l’allargamento della partnership e l’aggregazione di nuovi soggetti produttivi ovvero riproducendo il progetto in altri ambiti territoriali, in funzione delle risorse disponibili. Il progetto si colloca su questa frontiera, costruendo per questi giovani l’opportunità di confrontarsi con un’esperienza di lavoro in contesti reali, finalizzata a sviluppare competenze professionali e relazionali indispensabili al loro reinserimento lavorativo al di fuori del sistema penale. Vuole rappresentare un “luogo di passaggio” dal dentro al fuori (carcere), dal non-lavoro al lavoro; è un percorso che cambia le persone a livello personale e professionale attraverso l’esperienza del lavoro, della formazione e della socialità intrecciate e guidate.
La durata del progetto è stimata per un periodo di 2 anni. L’investimento educativo e lavorativo in capitale umano è valorizzabile rispetto ai seguenti criteri: a. minore spesa sociale altrimenti da sostenere per ragazzi devianti; b. ricchezza generata dall’aumentata attività produttiva e dal numero di persone occupate. Un giovane in carcere costa in media 200,00 €/gg ovvero 6.000,00 €/mese; considerando un tempo medio di permanenza in carcere di 8 mesi (con riferimento al gruppo di giovani con cui è stata avviata la sperimentazione in Beccarla) il costo complessivo per la permanenza in carcere di un giovane ammonta a circa 48.000,00 €. Il progetto intende trasformare questo costo in una risorsa: il giovane diviene lavoratore in grado di produrre reddito e contribuire con la propria attività allo sviluppo economico e sociale del paese. La conseguente riduzione della recidiva determina una riduzione dei costi diretti e indiretti della sicurezza. gli investimenti iniziali sono stimati in circa € 100.000,00 per la bottega di panetteria (interno ed esterno) e € 70.000,00 per la bottega di manutenzione del verde. Le attività produttive saranno dimensionate sul modello dell’impresa artigiana al fine di coniugare le esigenze di formazione dei giovani ristretti e la sostenibilità economico-finanziaria della bottega nel medio-lungo periodo. Considerando la limitata produttività del fattore lavoro nella fase di apprendistato sono previste accanto, alle attività finalizzate al mercato che generano ricavi, modalità di sostegno esterno sotto forma di commesse di lavoro ovvero di contributi finanziari da parte di entità facenti parte del network o esterne ad esso (enti locali, imprese non-profit e imprese profit).
Le prestazioni lavorative dei giovani coinvolti nel progetto devono essere remunerate, anche se la loro produttività sarà presumibilmente inferiore agli standard di settore (per il necessario tempo di apprendistato e per i vincoli oggettivi della struttura carcere). Occorrerà attivare iniziative di sensibilizzazione rivolte in particolare al mondo imprenditoriale profit, finalizzate a sostenere l’iniziativa attraverso: 1) sponsorizzazioni di singole azioni/iniziative, 2) commesse di lavoro; 3) contributi per borse lavoro; 4) volontariato di impresa; 5) partnership di progetto; 6) disponibilità a inserimenti lavorativi; 7) donazioni Il coinvolgimento d’imprese profit è fondamentale per assicurare la sostenibilità del progetto nel medio-lungo periodo, attraverso il consolidamento del legame con il territorio e le comunità locali di riferimento. Il progetto è ad alto impatto sociale e dunque comporta importanti ritorni in termini di immagine e reputazione sociale per le entità coinvolte.
Il Consorzio Cascina Nibai attraverso le cooperative sociali: 1) Coafra - Cooperativa agricola e sociale di tipo B, si occupa della coltivazione dei campi (con metodo biologico), della produzione di conserve dolci e salate, dell’allevamento di suini, bovini e avicunicoli, e della produzione di salumi. A completamento di queste attività gestisce uno spaccio agricolo e un agriturismo; 2) Coefra - Cooperativa sociale di tipo B opera da 22 anni nel campo dell’elettrotecnica, dell’elettroacustica, dell’informatica nonché nei servizi multimediali e audiovisivi. Produce e commercializza prodotti propri, sviluppa progetti e svolge attività di assemblaggio per conto terzi; 3) Cofrani - Cooperativa sociale di tipo A gestisce il Centro Diurno di Formazione all’Autonomia per l’inserimento di disabili fisici e psichici medio gravi e gravi. Le attività proposte sono molto varie e vanno da quelle più a carattere ergoterapico a quelle di animazione, espressive, motorie e sportive. Il consorzio si prefigge di favorire l'ingresso nel mondo del lavoro di persone segnate da percorsi di emarginazione, promuovendo con il territorio processi d’inclusione sociale, in particolare per persone disabili, detenuti ed ex detenuti. La sua mission è coniugare due finalità: da un lato, considerare il lavoro come possibilità concreta di reinserimento nella vita, dall'altro offrire sul mercato beni e servizi qualificati e competitivi.
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